Emoticon, faccine, emoji o smile … Sono solo un vezzo della nuova comunicazione? O forse raccontano di più?

La comunicazione ha esigenza di sintesi e c’è chi riconosce nell’emoticon una risposta. Fin dai tempi antichi si è comunicato con le immagini, queste faccine potrebbero magari essere i nuovi geroglifici :-)

La nascita dell’emoticon sembra risalire agli inizi degli anni ’80 ed alle prime mail inviate da informatici pionieri Proprio in quegli anni i meno giovani possono ricordare il proliferare di magliette e cappellini con lo smile stampato in tanti colori. La cultura pop di quegli anni colorati ed eccentrici ha forse contribuito a disegnare il contenuto dei nostri sms. I primi utilizzi dell’emoticon erano limitati dai device ed erano solo punti e linee oggi sono colorate e variegate sui nostri smartphone.

Nella cultura occidentale si è affinata sempre più l’arte dello scrivere, oggi purtroppo questo valore si sta tralasciando sempre più, la priorità è sempre l’immediatezza, siamo forse ad un giro di boa. Gli utenti sono bombardati di informazioni che provengono dalle fonti più disparate e in tutti i momenti della giornata: a lavoro dal PC, nel tempo libero dal telefono, sul divano tramite tv o tablet. Questo proliferare di input ha creato nuove modalità di ingaggio e reazione da parte del target, la soglia di attenzione critica è stimata in 8 secondi, in questa manciata di attimi decidiamo se approfondire la notizia o se scorrere avanti. Sembra quasi una rincorsa, ma è inequivocabile che arrivare nella seconda pagina di google significa non essere trovati.

Una faccina aiuta la comprensione, esprime un’emozione, suggerisce una chiave di lettura di un messaggio: un’emoticon sintetizza tante parole. Gli ideogrammi orientali spesso sono composti da una metà che esprime un sentimento, quindi la cultura orientale ha mantenuto attenzione nel conservare quest’informazione nella propria scrittura.

In occidente la risposta a questa lacuna è giunta tramite l’emoticon?

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